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La nostra relazione con Madre Terra

Secondo Tommaso d’Acquino, l’arte è il modo in cui l’essere umano esprime la sua energia creativa seguendo le leggi della natura. A distinguerla dalla tecnica è una visione d’insieme talmente ampia da non poter essere colta dalla sola ragione umana. C’è necessità di un’altra superiore forma di intelligenza, che giunga fino all’intuizione e che sia capace di sintetizzare una sovrabbondante molteplicità di dati, in una progettualità semplice ed efficace che tenga conto dell’insieme e si mantenga sempre aperta a variazioni, adattamenti e migliorie. Questa superiore forma di intelligenza ha molto a che vedere con la sensibilità e la corrispondente capacità di entrare in risonanza con realtà esterne a noi.

Le leggi di natura costituiscono un sistema perfetto ed estremamente complesso, nel quale domina il principio della sinergia tra tutte le parti componenti. Come pure quello di una rigorosissima gestione delle risorse. Non esiste né spreco né avarizia, e la bellezza sorge nel dar forma a questo sublime equilibrio.

Vi abbiamo parlato più volte dell’orto, degli ulivi, del frutteto e dei boschi di Govardhan, il nostro laboratorio di Agricoltura Didattica ispirata all’Ayurveda, il prototipo ideale che vogliamo offrire al mondo come contributo alla rinascita di una umanità rinnovata nel suo senso di giustizia, libertà e veridicità.

In questa occasione vorrei cominciare ad accennarvi a un’ulteriore componente del progetto, ovvero la bella villa padronale che dalla sua posizione sopraelevata domina tutto il territorio. Un edificio del tardo ‘800 che, con i suoi 1000 metri quadrati circa, è destinato a svolgere un ruolo di grande importanza.

Nel corso dei secoli, nella civiltà occidentale si è andata strutturando una concezione conflittuale della relazione tra l’essere umano e la natura. In questa prospettiva, la casa rappresenta uno spazio separato, volto a isolarci e proteggerci dal contesto esterno. Uno spazio in cui affermare la propria umana alterità rispetto all’ambiente che ci ospita. Come sempre, invece, il desiderio del Centro Studi Bhaktivedanta è quello di favorire il dialogo, lo scambio reciprocamente arricchente tra le parti, nel rispetto delle loro differenti funzioni.

I primi lavori strutturali sull’edificio hanno avuto inizio. Sono solo i primi passi di un’opera monumentale che verrà compiuta nel corso dei prossimi anni. Ma sono passi importantissimi perché impostano la traiettoria lungo la quale desideriamo avanzare: quella di un’architettura che dialoghi con la natura e torni ad essere parte dell’insieme.

Due sono stati gli aspetti su cui ho potuto riflettere nei giorni in cui ho avuto la possibilità di offrire servizio volontario nel cantiere. Da una parte quello del recupero delle acque piovane attraverso le ampie falde del tetto e dall’altra quello dell’utilizzo della superficie di copertura per la valorizzazione dell’energia solare.

Al primo aspetto abbiamo cominciato a lavorare concretamente, attraverso l’individuazione e la pulizia delle attuali canalizzazioni e la valutazione dello stato delle gronde. L’intenzione è quella di riprogettare tutto il sistema in modo da far convergere quanta più acqua è possibile nella grande cisterna sotterranea, per poterla così impegnare nell’irrigazione dei campi. È un lavoro impegnativo che richiede umiltà, spirito di sacrificio e determinazione. Sforzi che sono sorretti dalla consapevolezza di stare contribuendo alla realizzazione di un disegno grandioso, improntato all’armonia.

Per quanto riguarda il tema del fotovoltaico e dell’ottimizzazione dell’energia solare, è ancora presto per parlarvi di azioni concrete e ci vorrà del tempo prima che l’idea prenda forma. È però l’occasione per riflettere su come non sia facilmente individuabile il confine che separa la natura dall’architettura.

Nella tradizione indo-vedica l’economia ha un respiro universale e l’essere umano entra in relazione con le grandi potenze cosmiche (i deva) attraverso il sacrificio del fuoco. Può così beneficare di tutte le risorse necessarie alla vita. È secondo questa prospettiva che vogliamo muoverci, lasciando che l’edificio ritrovi il suo posto nell’universo e che possa essere positivamente attraversato dalle diverse energie che convengono al buon funzionamento dell’insieme.

L’ambizione è quella di rendere Govardhan un organismo sano e produttivo, i cui organi e sistemi interagiscano tra di loro con perfetta sinergia. È la visione d’insieme che deve orientare l’agire, evitando che una componente si imponga sulle altre a detrimento dell’equilibrio generale. Questo significa anche modulare con perizia la relazione tra azione e riflessione, tra entusiasmo e pazienza, lasciando che il dharma si esprima e si manifesti attraverso di noi.

Affinché questo possa realizzarsi è prezioso il contributo di ciascuno. Offrendo le nostre risorse e le nostre competenze, tutti noi possiamo partecipare a un’impresa straordinaria, volta a restituire speranza e prosperità.

Fabrizio Fittipaldi

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