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Agricoltura come Yoga

L’orto di Govardhan Italia è un regno di bellezza e perfezione. Una perfezione che non è fatta di schemi rigidi ma del fluire creativo della vita.
All’interno dei suoi confini vige una legge a cui tutti soggiacciono e che armonizza le energie di ciascuno a un volere sovraindividuale, il quale esalta però le qualità del singolo. Tra il singolo e l’insieme, tra la parte e l’intero, tra micro e macrocosmo sfumano le differenze, fino al realizzarsi di un’unità nella molteplicità.
Alzando lo sguardo dalla terra al cielo e lanciandolo oltre il recinto, semplice nei suoi elementi e gentile nel suo insieme, tra le innumerevoli varietà di verde delle acacie, degli ulivi, dei cipressi, delle querce, dei pini e degli altri alberi, ti accorgi che si compenetrano l’uno nell’altro nella loro varietà gli elementi del creato: nella terra c’è la fiamma del sole, l’acqua delle nubi, l’aria del vento e lo spazio del cielo.
Questa ricchissima madre sostiene dalle sue insondabili profondità i passi di ogni creatura, e a lei paiono carezze le impronte di piedi rispettosi e devoti di chi la ammira, stupefatto della sua generosità.
L’essere umano dispone di una speciale consapevolezza e può agire con efficacia e distacco, al tempo stesso intento all’azione e assorto nella contemplazione. Agli animali non è concesso questo privilegio, e la loro ordinata ubbidienza è garantita dalle leggi di natura.
L’essere umano può voltare le spalle all’armonia dell’insieme e, in preda alle distorsioni dell’ego, pretendere di affermare una propria radicale alterità: come vivente nei confronti del creato, come specie nei confronti delle altre specie, e come individuo nei confronti di qualsiasi altro individuo. È il principio separativo dell’ego (ahaṁkāra), la grande menzogna che affligge e appuzza l’universo intero.
Ma quando deliberatamente aderisce all’ordine divino che dispone e sostiene, che si dispiega immutabile, il dharma eterno “che l’universo a Dio fa simigliante”, allora l’essere umano davvero merita quel ruolo speciale di guardiano del mondo e delle sue creature di cui è stato investito.
L’essere umano consapevole di non essere estraneo alla Terra che lo accoglie, che gioisce individualmente di questo suo partecipare al tutto, che vede l’altro come se stesso e cura se stesso curando l’altro, che agisce per apprendere e impara con umiltà e gratitudine alla scuola della Vita, per lui ogni azione è sacra in quanto riconnette all’Uno, origine del tutto.
Nella circolarità del Vero, egli desidera replicare all’esterno di sé questo moto “unificatorio”. E così pone il seme nella terra, o pone a dimora una giovane piantina, con tutta quell’amorevolezza di chi agisce per il bene dell’altro, intento a restituire i doni che ha ricevuto e a offrire le migliori opportunità a ogni essere vivente affinché possa svilupparsi al meglio ed esprimere tutte le sue potenzialità.
E così si perpetua il ciclo virtuoso, poiché ognuno si arricchisce della qualità del proprio agire.

Fabrizio Fittipaldi

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